Onorevoli Colleghi! - Il nostro Paese presenta percentuali di rappresentanza femminile nel mondo del lavoro, della rappresentanza politica e dei livelli decisionali del settore privato e pubblico quasi imbarazzanti. L'Italia detiene, infatti, il triste primato di una percentuale di parlamentari donne pari ad appena l'11 per cento, mentre si posiziona nella classifica redatta dall'ONU, nell'ambito del Programma di sviluppo per la parità, al trentaduesimo posto, dietro al Botswana.
Il virtuoso contesto comunitario, in cui le percentuali di presenza femminile negli organi rappresentativi e di governo sono quasi prossime al 30 per cento, evidenzia, ancor più, l'anomalia italiana, sebbene si profili nella nuova bozza di Costituzione europea un inspiegabile silenzio sui diritti di parità.
Innegabilmente, la modifica dell'articolo 51 della Costituzione del 2003, dopo la battuta d'arresto impressa dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 422 del 1995, rappresenta un passo in avanti decisivo, almeno per la possibilità di prevedere nuove politiche di partecipazione delle donne alla vita istituzionale.
Ciò che la Commissione parlamentare per le pari opportunità - che la presente proposta di legge intende istituire - si propone, però, è di affrontare tutti gli aspetti dell'ineguaglianza e della discriminazione. Occorre dunque un'azione più incisiva delle politiche di parità, che copra trasversalmente tutti i settori interessati.
A tale fine, la riorganizzazione degli organismi che si occupano della materia, avviata dall'esecutivo, deve rappresentare la spinta propulsiva per un rinnovato e intenso impegno nel settore, da parte di tutte le forze politiche.
Tale riassetto potrà dirsi completo soltanto se affronterà in primis la lacuna istituzionale, resa ancor più evidente dalla soppressione della Commissione nazionale